IL TUO ULTIMO SGUARDO - ROMANZO GOTICO/FANTASY - INDICE DEI CAPITOLI
In un punto passano
infinite rette
Possiamo immaginare
come rette anche
le emozioni?
I pensieri vindici?
Gli aneliti al rinnovamento?
Il negativo interiore?
Il positivo interiore?
E la rivincita
come superamento
del rancore e dell'odio?
E il raggiungimento della
serenita?
Il tuo ultimo sguardo
ROMANZO GOTICO/FANTASY - IL TUO ULTIMO SGUARDO
Vite parallele
si intersecano
si riallontanano
osmosi tra la vita reale
al mistero di una possibile
dimensione oltre
non dimostrata
non dimostrabile
al mistero del possibile contatto
tra la vita che conosciamo
e la vita oltre
ma prima e dopo la vita oltre
c'è la vita qui
dall'alba pregna di speranze
al cupo addensansi delle ombre della sera
gianni_nigro@yahoo.it
Il tuo ultimo sguardo, di Gianni Nigro. Editore Etabeta.
Un uomo si risveglia di notte, durante un violento temporale, nella vecchia villa di famiglia dove un tempo trascorreva le sue vacanze, ma nulla ricorda della sua precedente vita. I pochissimi ricordi che faticosamente riaffiorano alla mente si fermano a molti anni prima e le persone che incontra in quel giorno di rinascita e nei successivi, alludono con inquietudine a un gesto sconsiderato che egli avrebbe compiuto proprio undici anni prima.
Qual è il dramma, la tragedia, che avrebbe condotto Ned a tale atto?
E intanto altri episodi, di vario orrore, si aggiungono fino a portare proprio sullo stesso Ned i sospetti del bonario Maresciallo locale, il quale conclude che quel tal Vespucci Nedo, detto Ned, non aveva la faccia dell’assassino né avrebbe potuto avere le capacità, in ogni senso.
Ned continua a sopravvivere in quella seconda inspiegata e inspiegabile seconda occasione, tra sogni e realtà, tra brevi ritorni di gioventù e ancora risvegli nella quasi anzianità, aiutato dal misterioso sciroppo del nonno, lo sciroppo Traum, che gli permette di annullare lo spazio e il tempo.
Cartello di Flisa | La Chiesa verso Flisa | La rotonda di Flisa | Gianni Nigro a Flisa | La Kaffegata | Spanish
IL SITO FLISA
1 - All’inizio l’idea di questo sito era nata come sito totalmente orientato al romanzane Flisa. Ma procediamo con ordine. All’ormai veneranda età di 49 anni avevo deciso di intraprendere gli studi di Informatica. L’età non era veneranda in sé, ma per il particolare tipo di studi a cui pensavo di dedicarmi. La mia passione per l’Informatica era stata fulminante, devastante. Mi appassionava l’impostazione razionale,dell’informatica. Mi appassionava l’ipostazione matematica. Mi appassionava anche la matematica che studiavamo lla?università Statale di Milano nella facoltà di Informatica. Mi appassionavate la teoria degli Insiemi, che sicuramente facilita la comprensione del procedere del ragionamento informatico, sia dal punto di vista hardware, cioè che riguarda la parte materiale degli oggetti tangibili che supportano l’informatica (i computer veri e propri, i processori, le memorie eccetera).
E soprattutto mi appassionava l’informatica pura, la programmazione, il fatto di scrivere un testo, naturalmente nelle regole di un linguaggio di programmazione, e il constatare che un testo si trasformava in motore. Quello che chiamiamo normalmente software non è altro che testo scritto che viene tradotto in serie di microscopici circuiti in cui corrono elettroni. Insomma, il testo diventa codice, e il codice muove gli oggetti.
Dopo essermi formato per anni una base di informatica, ho deciso di passare qualcosa di più pratico, sempre nel campo dell’informatica.
All’inizio di questo articolo avevo definito veneranda l’età in cui avevo iniziato a studiare informatica. E in effetti 49 anni non è l’età per poterlo fare, perché poi, a 55, quando si comincia a saper programmare e gestire i sistemi informatici, nessuno ti darà mai credibilità, ritenendo che tu non abbia più la flessibilità necessaria.
Che poi in Italia non ci sia più lavoro per n nessuno è un altro par di maniche. Ricominceremo a emigrare in paesi dall’economia oin ripresa, come in Argentina e in Brasile.

Il periodo della ECDL

2 - Comunque passai all’ECDL, ovvero allo studio di applicazioni informatiche come Word, Excel, Access, PowerPoint. E proprio PowerPoint fu il mio primo esame. Passai il test a Pisa, col massimo del punteggio, 100/100. Ma anche l’Ecdl (prima di poi, poi Advanced) richiede tempo, e intanto avevo quasi 60 anni. Inviai diversi curriculi e mi rispose la Jacson Libri. Mi incaricarono di scrivere liri di base, uno dietro l’altro. Ne ero entusiasta, ma presto comunicai ad avvertire lo stress. Dovevo scrivere il testo ma anche creare con l’applicazione l’esempio e ritagliarla con un particolare strumento software che permette di ritagliare rettangoli di schermo e di trasformarle in qualsiasi tipo di formato di immagine.
Intanto nasceva il libro digitale e nessuno comperava più libri in formato cartaceo. Per di più una legge abrogava gli aiuti di stato per le case editrici e la JacKson Libri si trovò a sospendere la produzione.
Questo arresto brutale della mia nuova attività mi gettò in un periodo di depressione totale che durò per tutto l’inverno 2008 – 2009. Poi in primavera riprendemmo la vecchia usanza di viaggiare verso la Scandinavia con la Station Wagon, che ne frattempo era diventata decrepita ma ancora reggeva. Dormivamo in auto, come ai vecchi tempi. E proprio percorrendo uno degli asfalti rossi di Svezia, a cui ho dedicato un’intera pagina sul sito OCEANO ISOLE E CONTINENTI, vedendo uno dei tanti gropponi di motociclette, mi venne l’idea di scrivere un lungo racconto noir di un gruppo di motociclisti che apparivano all’improvviso e scomparivano con altrettanta velocità.
Già scrivendo i libri di informatica mi era tornata la voglia di scrivere narrativa. I problemi che mi avevano portato a smettere con la narrativa erano sempre gli stessi: gli italiani leggono poco, leggono soprattutto autori anglosassoni o comunque non italiani e le Case Editrici italiane prendono di malavoglia in considerazione opere scritte da autori italiani.
Ma nel 2009 non poteva che essere tutto peggiorato.
Mi gettai in ogni caso nello scrivere, anzi nel narrare, perché quello era lo’unico modo per tentare di uscire dalla cupa depressione che mi assillava. E per 8 mesi è stato un periodo bellissimo. Sicuramente il più bel periodo della mia vita. Dal settembre 2009 al marzo 2010 ho trascorso la mia vita al computer, notte e giorno, a scrivere Flisa.
Che periodo felice!
Ma sapevo benissimo che prima o poi avrei dovuto dire basta.
In verià non ero molto convinto. Mi pareva che il romanzo avesse bisogno ancora di molto lavoro di rifacimento, aggiustamento, arricchimento eccetera.
Eppure volli tentare ugualmente di portarlo subito da un editore.
3 - Non era la prima volta che portavo un romanzo di narrativa da un editore. Nel 1982 avevo scritto un libro su personaggi giovani della Fascia Ovest di Milano. Si trattava della storia d’amicizia e poi d’amore tra un trentenne che non si drogava, ma che aveva le sue insicurezze, i suoi problemi interiori ed anche esteriori, genitori sull’orlo della separazione, fidanzamento rotto da poco eccetera. Non avevo ben chiaro il titolo da dare allibro, per cui alla fine venne fuori un “La mia ragazza è una drogata” che non mi è mai piaciuto. Se avrò ancora vita ed energia sufficienti, mi piacerebbe riproporre, magari in formato elettronico, la versione originale di quel romanzo, versione lunga circa il doppio di quella che è poi uscita in tutte le librerie e edicole d’Italia, edita da Garzanti/Vallardi nela collana Quadrifoglio.
Il libro voleva essere una condanna senza appello dell’eroina. Questa sostanza è una delle più pericolose sostanze che l’umanità abbia mai inventato. Crea in chi l’assume una dipendenza micidiale, non paragonabile, credo, a nessun altra dipendenza. E se poi viene proibita dalla Stato e venduta al mercato nero a cifre altissime, spinge inevitabilmente i giovani che ne cadono preda, al furto e all prostituzione, insomma a qualunque mezzo per guadagnare velocemente le cifre richieste dal mercato.
Il libro aveva venduto tutte le diecimila copie e poi altre 30 mila nell’edizione Euroclub, ma non mi aveva dato i riconoscimenti sperati.
Così avevo giurato e stragiurato a me stesso che non sarei mai più caduto nella tentazione di scrivere narrativa. Poi lo scrivere di informatica mi aveva riportato a Flisa e avevo vissuto gli otto mesi più felici della mia vita. Ma temevo tremendamente il “dopo – Flisa”. Lo temevo, sì, lo paventavo. E per questo mi affannai a cercare un Provider, per iniziare a fare un mio sito.
Io sono fatto alla vecchia maniera, mi piace andare di persona. Tutti o quasi i Provider invitavano a fare tutto tramite computer. Sia chiaro, non lo fano per misantropia bensì per rendere più facili le cose all’utente e a sé stessi. Aruba invece non chiude le porta a nessuno.
Ero emozionatissimo. In una giornata grigia e invernale raggiunsi il paesetto di Soci. Possibile che il più importante Provider d’Europa avesse i suoi uffici in una casetta su due o tre piani, antica, appiccicata ai due lati da altre case, come si usa nella vecchia toscana, una casetta antica, con le persiane, che si affacciava ad una piazzetta rettangolare d’altri tempi.
Suonai al citofono e mi aprirono. Salii e venni accolto da una ragazza tanto simpatica quanto giovane. Fu tutto facilissimo. Dopo dieci minuti avevo, a un prezzo bassissimo, uno spazio web per fare il mio primo sito: www.gianninigro.eu In un primo tempo detti un nome alla pagina che evocava i viaggi: OCEANI. E infatti il sito doveva essere il reportage dei miei viaggi, da quando avevo vent’anni fino a i 60. Poi però la voglia di pubblicare racconti e raccontini e tutto ciò che mi veniva in mente di scrivere mi prese la mano e finii per mettere in questo sito un po’ di tutto, compreso un vero e proprio blog che intitolai “PAROLE AL VENTO”.
Intanto però era cresciuta in me la voglia di dedicare un sito anche a mio padre. Anzitutto reintitolai il sito (il cui URL continuava ad essere gianninigro.eu) da “OCEANI” a “OCEANI ISOLE E CONTINENTI” e ho intenzione di ridargli il taglio originale, cioè di “racconti di viaggio”, incentrati sui viaggi che ho fatto in gioventù, Svizzera, Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia, con una paginetta su Strasburgo, una sul Calais e dintorni, una su Londra (moltissimo, comunque, su Germania e Scandinavia) e poi l’America Latina che conosco.
Intanto avevo preso presso Aruba un secondo sito, “Mario Nigro” (www.marionigro.it), che è stato un artista riconosciuto. Il lavoro presso questo sito procede molto lentamente perché mio padre era il mio miglior amico e a 20 ani dalla sua scomparsa ancora non ho superato il trauma.
Infine è nato il sito:
www.flisa.eu

4 - La prima idea era quella di farne un sito interamente dedicato al romanzo omonimo. Poi le cose sono cambiate. Flisa ora diventa il sito di tutto ciò che è narrazione libera, e vi saranno:
  • PENSIERI AL VENTO
  • PAROLE AL VENTO
  • RACCONTI
  • RACCONTI NOIR E GOTICI PENSIERI AL VENTO è un vero e proprio blog, dove intendo riprendere l’abitudine di inserire se non proprio un pezzo al giorno (sarebbe bello averne l’energia e la costanza) almeno un pezzo un giorno sì e uno no o qualcosa di simile. Insomma, il più spesso possibile.
    PAROLE AL VENTO è la raccolta di poesie o simili, scritte nel tempo, in tanti decenni di vita.
    Ci tengo in particolar modo a sottolineare l’importanza del blog PAROLE AL VENTO, perché vi sono cose che possono riguardare tutti noi, angosce e felicità, gioventù e anzianità, i problemi e le atmosfere della periferia della grande città e tante altre cose.
FLISA - ROMANZO GOTICO NOIR

Un Romanzo Gotico, Giallo, Rosso, Infuocato, Piovoso, Noir

di Gianni Nigro

La luce di Alisia nel cielo di Flisa al crepuscolo



La rotonda di Flisa al buio La rotonda di Flisa in viola La rotonda di Flisa alla luce del sole di luglio
ALTRI SITI DI
Gianni Nigro
OCEANI
NARRATIVA
SCIENZA
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MARIO NIGRO

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Asfalti rossi di Svezia
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La mitica E6
Quando l’idea di Flisa mi fulminò
La base fondante che mi ha spinto a scrivere questo libro mi era venuta all’improvviso, mentre ero al volante di quel catorcio che era ormai diventata con gli anni la mia macchina, e stavo macinando chilometri e chilometri per tornare verso casa, mentre traversavamo boschi di betulle e di abeti in piena Scandinavia percorrendo un lungo rettineo in alsfalto rosso e vedendo apparire là in fondo un nugolo di calabroni, un branco enorme di motociclisti.

Asfalti rossi di Svezia
Gli asfalti, nella Svezia meridionale, spesso sono rossi. Ciò accade perché vengono utilizzati sassi presi da cave di roccia di questa tonalità di colore.
Dato che d’inverno sovente la strada è innevata o addirittura ghiacciata, gli asfalti, in Scandinavia, vengono costruiti con poco catrame e abbondantissima roccia, in modo da aumentarne l’adesività. Gli asfalti scandinavi sono noti a noi mediterranei per essere degli asfalti mangia pneumatici. Infatti la ruvidità dell’asfalto, così necessaria per garantire aderenza durante i periodi freddi, comporta come effetto collaterale quello di consumare fortemente il materiale morbido, cioè la gomma che avvolge i cerchioni delle ruote dei veicoli.

Asfalti rossi si Svezia
Foto di Juanita Trinidad

I motociclisti
Oltre al colore di tali asfalti, il fascino di quelle strade deriva dai dintorni, un alternarsi continuo di boschi, prati, casette colorate, piccoli villaggi, e ancora boschi.
D’estate, poi, le strade scandinave sono percorse in lungo e in largo dai motociclisti, isolati, in coppia, in gruppetti, o in branchi infiniti.
Ebbene, mi ero distratto un attimo, un giorno, osservando un trenino che in lontananza solcava la pianura scandinava, quando mi trovai davanti a un plotone di centauri che avanzava verso di me. Occupavano tutta la loro metà di strada e forse anche più. Dovetti rallentare, e immaginai, così per gioco, che fossero scaturiti da un bosco, che fossero apparsi quasi dal nulla, che addirittura fossero immaterici, o meglio che si fossero materializzati all’improvviso, partoriti dai tronchi di quei pini rossicci che somigliano vagamente agli abeti nel cadere all’ingiù delle loro chiome, e ai pini mediterranei nel fatto di possedere un tronco spoglio e una corteccia che, specialmente al tramonto, assume un aspetto fiammeggiante.
Gianni Nigro Il primo libro ricevuto in dono fu Pinocchio, di Collodi (il cui titolo completo, è, per l'esattezza: Le avventure di Pinocchio. Storie di un burattino.
Ero a letto, ammalato, e quelle immagini disegnate eccitavano la mia fantasia. Poi, dato che tutti gli adulti erano sempre indaffarati, pensai che in fin dei conti avrei potuto leggermelo da solo, visto che a scuola ero in grado di farlo.
E così scoprii IL PIACERE DELLA LETTURA! Ma già dalle prima esperienze di lettura venni quasi condizionato ad associare il testo scritto alle immagini. Ogni libro che mi veniva regalato ne conteneva. Ricordo in particolare Ozma regina di Oz.
Il racconto denso di fantasia mi entusiasmava, e nei giochi con mio cugino tentavo di ricreare, in maniera che con un linguaggio moderno si definirebbe assolutamente virtuale, altri mondi, quarte e quinte dimensioni, viaggi spaziali, reincarnazioni, teletrasporti e qualsiasi altra cosa di questo tipo. Nei lunghi interminabili anni dell’adolescenza toccò a Jules Verne. Ne avevo ricevuti un paio in regalo ma subito tempestai di richieste su questo autore i miei genitori. Non avevano molti soldi e dapprima me ne procurarono tramite la biblioteca comunale. Io stesso li trovavo in prestito con la biblioteca scolastica, ma a Natale e in occasione del compleanno riuscivo a farmene donare una copia definitiva di quelli da me preferiti, come Viaggio al centro della Terra, Ventimila leghe sotto i mari, I figli del Capitano Grant, L’isola misteriosa.
Per decenni, poi, durante la cosiddetta età adulta (adulta? Quando mai?), mi dedicai ad una letteratura più verista. Ma, avvicinandomi all’informatica, cambiarono anche i miei gusti di lettura e mi innamorai pazzamente (so che molti rideranno e i più benevoli sorrideranno) della serie televisiva Smallville.
In età adolescenziale avevo letto molti fumetti di Superman, che in Italia veniva chiamato Nebo Kid, e ogni giornaletto conteneva alcuni episodio con il protagonista adulto, e almeno un episodio con il super eroe giovane.
E prima ancora mi ero visto e rivisto i film della serie Ritorno al futuro (oltre che ad Odissea nello spazio, ai film e alla serie di Star Trek, Spazio 1999 ecc.
In ogni caso uno dei miei autori preferiti, parallelamente alla nuova passione, l’informatica, fu il gotico Edgar Alla Poe, e più in generale la narrativa del fantastico, del misterioso, anche del noir.
Questa ennesima scoperta si aggiungeva alla mia precedente predilezione per i gialli (primo fra tutti Nero Wolf). Ma più che il giallo, era proprio l’invenzione fantasiosa, la fantasia scatenata, che mi affascinava.
Probabilmente la spiegazione c’è: quando i Vent’anni si allontanano, la realtà del nostro essere sempre più Anta ci piace sempre meno, e allora si desidera volare via, in un mondo di sogno, in una dimensione fantastica.

FLISA
Ma cos'è Flisa?Anzitutto Flisa è una piccola città della Norvegia, talmente tanto piccola da poter essere chiamata villaggio. Ma, in effetti, è un villaggio dotato di almeno due grandi centri commerciali, di cui uno veramente grande, e poi di una strada, la Kaffegata, costellata di tantissime caffetterie. Insomma, per la nostra mentalità italiana e europea, per dimensioni Flisa è un villaggio, ma per importanza direi che somiglia quasi a una città, o meglio, a una cittadina.
Secondo Wikipedia gli abitanti di Fisa, al primo di gennaio del 2008, erano 1.555. E anche Wikipedia precisa che, nonostante il numero piccolo di abitanti, presenta una notevole varietà di negozi di diversi generi lungo la principale via chiamata Kaffegata, cioè città del caffè.
Non è del tutto scontato che un viaggiatore, percorrendo la via che porta da Karlstad ad Elverun, si fermi a Flisa. A me capitò per caso. Eravamo stanchi, stavamo scendendo dal nord. Avevamo dormito in macchina (come al solito) a nord di Lillehammer, e pioveva da giorni. Anche a causa e della pioggia che pareva non avere intenzione alcuna di smettere, avevamo deciso di tornare.
La Kaffegata
Arrivati alla rotonda di Flisa pensammo un una bella tazzona di caffè ci avrebbe ridato energia. Svoltando a destra la prima vetrata di una caffetteria che ci balzò agli occhi fu quella del centro commerciale più vecchio e più piccolo, ma sempre divertentissimo da visitare, specialmente di mattina, quando tutta la vita sociale di un paesetto norvegese si vive praticamente nei centri sociali e soprattutto dentro alle caffetterie dei centri sociali stessi. E così, dopo aver comodamente parcheggiato, prendendo un po’ di pioggia, fu facile raggiungere un porticato in legno grazie al quale si poteva girovagare attorno al centro. Al suo interno c’era l’immancabile caffetteria, con i tavolini puliti e ordinati, come pulita e ordinata è l’intera Norvegia, o meglio l’intera Scandinavia.
E questo primo impatto con Flisa mi fu fatale. Mi innamorai subito della sua festosità paesana, della sua serenità, della sua tranquilla e al tempo stesso attiva mattinata lavorativa, della ricchezza di negozi nonostante l’esiguità del villaggio, e di tante altre cose non sempre facilmente spiegabili.
A volte un posto ti prende e non c’è un perché, o se c’è è difficilmente afferrabile, non direttamente e razionalmente interpretabile.
Flisa mi era rimasta nel sangue, assieme al suo caffè.
FLISA
Flisa e il romanzo Come ho voluto precisare nell’introduzione a questa narrazione, i luoghi o sono completamente frutto della mia fantasia, o sono assolutamente reinterpretati in chiave fantasiosa. Così è scritto nell’introduzione:

Qualsiasi rassomiglianza anche vaga con località e persone esistite o esistenti è del tutto casuale. Le località espressamente citate, se esistenti, sono state reinterpretate in chiave del tutto fantasiosa dall’autore, e ciò che vi viene narrato è frutto dell’immaginazione dell’autore stesso e non ha, nel modo più assoluto, alcuna attinenza a fatti o episodi relativi alla realtà.

A questa regola, naturalmente, non sfugge flisa, anche se effettivamente tutto il bello di quel paesino, che trapela dalla narrazione, è vero.
Nel romanzo vengono citati:
- la rotonda
- il centro commerciale più antico, quello vicino alla rotonda
- la caffetteria del centro commerciale
- il porticato
- la via dei caffè
Per qualche viaggio Flisa è stata solo un passaggio. Un giorno però ci siamo fermati, forse per stanchezza, forse per sgranchirsi le gambe, forse pre prendere un caffè, forse per scoprire qualcosa di nuovo.
E abbiamo scoperto Flisa.
Il cartello che annuncia l'ingresso a Flisa
Io non viaggio mai con la guida turistica aperta sulle ginocchia. Ed è così che magari riesco a fare delle scoperte favolose.
Al ritorno da un breve viaggio del 2009 meditavo sui nugoli di motociclisti che come calabroni apparivano quasi dal nulla e parevano volare sull’asfalto. Pensavo che quello, a parte le scomodità, era il vero interpretare il viaggio. Così pensai che non potevo continuare ancora, come facevo da anni, a fuggire la narrativa. Era ciò che mi dava un piacere grande, era ciò da cui ero sempre costantemente e fortemente attratto. Pensai che appena a casa avrei tentato ancora una volta di scrivere. Magari proprio scrivendo di quei branchi di motociclisti che apparivano dal nulla.
Poi, sempre guidando, cominciai ad arrovellarmi la mente su un possibile titolo. Eravamo proprio ripartiti da Flisa da pochi minuti. Flisa. Che nome strano. Sembrava quasi più un nome di donna che quello di un villaggio. Seppi molto più tardi che lo era anche di un sacco di altre cose. Ma al momento mi colpiva il suono, tutto il mistero che si aggirava attorno a quel nome, a quel villaggio sconosciuto ai più.
E così la decisione fu presa: giurai a me stesso che mai e poi mai avrei rinunciato a quel titolo, piuttosto mi sarei pubblicato il libro sul Sito.
E nella mia mente era nato un romanzo, il mio nuovo romanzo, che forse avrei letto soltanto io, ma che aveva il titolo da me sempre più amato, di minuto in minuto, di secondo in secondo: Flisa!

FLISA
I tre insiemi di esperienze che hanno portato al romanzo Flisa Nel mio romanzo Flisa confluiscono tre insiemi di esperienze personali, che in realtà non hanno assolutamente nulla l’un con l’altro. Anzitutto i viaggi. È stato proprio durante uno degli ultimi viaggi fatti in Scandinavia, con la mia più che decenne Station Wagon Focus, ormai un vero catorcio, che andava avanti più per un suo orgoglio personale, per dimostrarmi che non era ancora da rottamare, più che per efficienza effettiva, che mi venne in mente di tentare di scrivere una storia con dentro i motociclisti, quei gruppi talvolta giganteschi, di motociclisti, che percorrono in lungo e in largo l’Europa in generale e la Scandinavia in particolare. Ogni volta sembravano apparire dal nulla, come fantasmi. Questi viaggi iniziarono tanti anni fa, e avendo sempre pochi soldi, avevamo attrezzato la Station Wagon come un camper, dormendo nella parte posteriore. D’altronde a partire dalla dogana di Brogeda gli autogrill sono tutti forniti di servizi igienici pulitissimi e in ordine, e dunque non vi è una necessità sotto quell’aspetto. Ci bastava qualcosa per spostarci e qualcosa per dormire. La Station Wagon, anche quando ormai si reggeva assieme con lo scotch, soddisfaceva entrambe le esigenze. Ma il viaggio vero e proprio lungo la penisola scandinava lo riservo per una seconda Flisa, che sarà la continuazione della prima. Per il momento le esperienze dei viaggi ci sono, in ciò che immagino avvenga a Flisa, a Grong, a Fränderfors. .
Chiesa lungo la strada che porta a Flisa
Un secondo insieme di esperienze deriva dal fatto di essere figlio di Mario Nigro. Un artista incompreso, che sicuramente aveva ragione quando si lamentava (come aveva fatto a sua volta Cesare Pavese) di essere sì, stato valutato anche positivamente e di avere ricevuto onorificenze, inviti in Biennale e altro, ma non come avrebbe sentito di meritare, e non certo come altri del suo stesso livello avevano avuto. Essere figlio di Mario Nigro mi portò a conoscere il mondo dell’Arte. Mondo che non poteva mancare e che diventa teatro di alcuni eventi, sia pure in chiave fantastica e gotica. E, naturalmente, noir.
Il terzo insieme è costituito da una parte molto più delicata della mia vita. Gli eventi, le emozioni, i sentimenti, le angosce, il panico, la disperazione, ma anche talvolta la ritrovata serenità, e infine i valori.
Di questa zona del romanzo (e della mia mente) preferisco che sia il racconto a parlarne. E da sotto questo aspetto, Flisa, è stato per me, il racconto più importante della mia vita.
E di questo ho voluto parlare, nel romanzo, sia pure in chiave fantastica e gotica. E, naturalmente, noir.
Il terzo insieme è costituito da una parte molto più delicata della mia vita. Gli eventi, le emozioni, i sentimenti, le angosce, il panico, la disperazione, ma anche talvolta la ritrovata serenità, e infine i valori.
Di questa zona del romanzo (e della mia mente) preferisco che sia il racconto a parlarne. E da sotto questo aspetto, Flisa, è stato per me, il racconto più importante della mia vita.

FLISA
Tornare a Flisa dopo aver scritto Flisa Vivendo, si accumulano esperienze. È un dato di fatto. Gioie e dolori, felicità e tristezze, vittorie e sconfitte. Scriverne è spesso un modo per esorcizzarle, per memorizzarle, per avvicinarle o per allontanarle, magari per pietrificarle. E qua sono solo caratteri stampati, in formato digitale su un display o in inchiostro su carta, pare quasi non possano più nuocere né essere perse. Nel primo caso rendiamo innocui i ricordi dolorosi. Nel secondo caso immortaliamo (almeno a noi stessi) i momenti felici. Ma scrivere qualcosa può anche essere rendere possibile una fantasia assurda, vivere l’invivibile, sognare l’irreale. Scrivere può rappresentare un gioco, un diversivo, un depistaggio alla propria mente. Scrivere può diventare un fuggire da un’idea fissa, oppure, invece, darle un alito, un respiro. Credo che scrivere, leggere e sognare abbiamo qualcosa in comune. La mente viaggia, mentre il corpo resta lì dov’è. E la mente, al contrario del corpo, è libera di viaggiare all’Indietro o in Avanti, o addirittura nell’Altrove. Allora un piccolo paesino, sia pure stupendo, come è Flisa, immerso nel cuore della Scandinavia e conosciuto da pochi, diventa, nella fantasia, il tutto. Flisa è l’incrocio di bande di motociclisti vindici, forse viventi, forse fantasmi. Flisa è il luogo di partenza e di arrivo. Flisa è la meta. Nel 2010, dopo aver trascorso un intero anno al computer a scrivere e riscrivere e nuovamente correggere e riscrivere, e cambiare, e riscrivere, e modificare, e riscrivere quel testo ho cui ho assegnato il titolo di Flisa, ho rimesso in sesto quel catorcio (reale) che la mia macchina, e, dormendo veramente in auto, ho raggiunto nuovamente Flisa. Non è stato facile. Un sacco di acciacchi mi rendevano tutto molto difficile. Avevo lasciato a casa il foglietto con il risultato di un’analisi del sangue molto preoccupante. Mi portavo appresso disturbi non meglio chiariti ma estremamente fastidiosi. Ma ogni sera, per addormentarmi, leggevo a voce alta i fogli di Flisa, in particolare di episodi ambientati nel posto in cui mi trovato. Ed una un gioco divertentissimo.
Gianni Nigro a Flisa dopo Flisa
Ricordo che mi trovavo in quella che nel romanzo ho denominato La stazione di servizio di Malmgrem. Nella realtà è un grandissimo doppio parcheggio che comprende anche una pompa di benzina, il mini market dove si paga la benzina, una caffetteria, un piccolo motel e un locale per consumare hamburger. Malmgrem, poi, è il nome di uno dei componenti della squadra che, con il dirigibile Italia, raggiunsero il Polo Nord nel 1928 alla guida del generale Nobile. La spedizione finì in tragedia e ne furono scritti moltissimi libri e ne trassero anche un film, La Tenda rossa, in cui recitava Claudia Cardinale. In questa stazione di servizio abbiamo dormito in macchina sia all’andata che al ritorno durante la nostra molto più modesta spedizione a Flisa, ma la sera, al calar delle ombre di luglio, leggevo ad alta voce le pagine ambientate in quel luogo, e alcuni viaggiatori camperisti, anch’essi in sosta per passare la notte in quel parcheggio, mi guardavano. Era estate e dagli spiragli dei finestrini della macchina evidentemente si udiva la mia voce narrante. Una giovane mamma lituana era seduta su una panca di un piccolo parco giochi vicino ai servizi del parcheggio, e pur non perdendo mai di vista il proprio biondissimo bambino che giocava, ogni tanto gettava qualche occhiata incuriosita anche verso la mia auto, dalla quale proveniva quella strana voce che leggeva in una lingua latina non so che. Non credo che le fosse mai capitato di assistere a una cosa simile. Ma per me sono queste (e tante altre) alcune delle cose belle e indimenticabili di quel viaggio che è la vita.

FLISA





Flisa è un piccolo villaggio di poco più di mille e cinquecento abitanti, situato nel cuore della Scandinavia, che si anima alla mattina attorno alle caffetterie dei suoi centri commerciali, soprattutto del più antico, quello a un dipresso dalla attuale rotonda, che ha sostituito l’incrocio principale del centro abitato.




   Al centro di questa rotonda possiamo immaginare un punto geometrico, attraverso il quale, come ben si ricorda dagli studi scolastici, possono teoricamente passare infinite rette.
   D'altronde il concetto di Infinito è insito nelle geometria come nella matematica, e quindi anche nella matematica applicata alla geometria.
   Anche se i numeri possono apparire semplici numeri e basta, soprattutto a chi non abbia una grande simpatia per la matematica (frutto, ciò, di una sbagliata impostazione didattica in età scolare) i numeri tuttavia sono suddivisibile in diverse tipologie, a seconda delle operazioni che si intende esercitare su di loro.
Se non ci ostiniamo a voler sottrarre un numero più grande da un numero più piccolo (ad esempio 10 – 20), l’Insieme dei numeri naturali N può bastarci. Lo possiamo immaginare come una semiretta che parta dal valore "1" e si perda nello spazio all'infinito (per alcuni partirebbe dal valore "0", ma evitiamo di addentrarci in questo contenzioso).
   I pastori di epoche lontane costringevano le pecore che andavano al pascolo a passare attraverso una strettoia, una per una, e ad ogni pecora che transitava, spostavano un sasso da un’anfora a un’altra. Alla sera, rientrando le pecore, i pastori eseguivano l’operazione inversa. Se restavano dei sassi nella seconda anfora, ciò significava che un numero uguale di pecore non era rientrato, e bisognava andare a cercarle.
   Supponiamo adesso che un pastore voglia acquistare un certo quantitativo di scrofe. Gli basteranno le pecore in suo possesso? E se il venditore di scrofe gli mostrasse un numero di sassi equivalente alle pecore richieste e il pastore, togliendo tanti sassi quante sono le sue pecore, si accorgesse che nell’anfora ne restano ancora? In pratica quei sassi rappresentano una mancanza. Al pastore potrebbero mancare, ad esempio, dieci pecore per completare l’acquisto. Nasce il concetto di numero negativo.
   Infatti 10 – 20 fa -10.
   L’Insieme dei numeri positivi e negativi comprendente lo zero è detto Insieme dei numeri interi e viene indicato con la lettera Z e immaginato convenzionalmente come una retta che in un ipotetico centro abbia lo "zero" e poi si estenda all'infinito sia da una parte che dall'altra dello "zero" stesso, con un infinito numero di valori positivi e altrettanti negativi, ma sempre interi.
   Se complichiamo le cose (e nella vita è più facile che le cose si complichino, piuttosto che si semplifichino) e si rendesse necessario dividere un numero intero? Certamente, 6 diviso 3 fa 3, mentre 6 diviso 3 restituisce il valore di 2. Siamo sempre nell’ambito dei numeri interi. Ma il valore 7 diviso 2? E ancora, 7 diviso 3? Le necessità (o se preferite le complicazioni della vita in tal caso impongono l’introduzione della definizione di un nuovo insieme di numeri, l’Insieme dei numeri razionali, o Q.
   I numeri razionali si possono indicare con due simbologie grafiche: la frazione o i numeri con la virgola.
   Le due operazioni indicate precedentemente possono essere così raffigurate:
   Sette diviso due uguale 7/2 oppure 7,5
   Sette diviso tre uguale 7/3 oppure 2,333333…
   In questa seconda rappresentazione la quantità delle cifre “3” a destra della virgola è infinito. E il numero viene chiamato periodico, laddove 3 è il periodo.Ovviamente è più comoda la rappresentazione in frazione.
   Abbiamo già intuito che nell’Insieme Q dei numeri razionali il concetto di INFINITO deborda da tutte le parti.
   L’insieme Q viene convenzionalmente raffigurato da una retta. L’analogia è molto pratica ed esplicita. Su una retta possiamo segnare con dei punti i numeri interi, come in un righello. I numeri progressivi rappresentano i centimetri. Ma, per esempio, tra il numero 3 e il numero 4, sempre come in un righello, possiamo individuare le tacchette dei millimetri. Dieci millimetri fanno un centimetro. Già, ma il millimetro non è forse ulteriormente suddivisibile? Ogni segmento della retta, per quanto piccolo sia, può essere ulteriormente suddiviso, e all’infinito. In un segmento esistono infiniti segmenti più piccoli, e come non esiste un limite all’infinitamente grande, così non possiamo immaginare che non esista un limite all’infinitamente piccolo.
   Benissimo. Dunque lo spazio è infinito e il tempo anche, nell’infinitamente grande (le somme e le moltiplicazioni di un valore numerico possono essere eseguite all'infinito) e nell’infinitamente piccolo (le sottrazioni e le divisioni di un valore numerico possono essere eseguite altrettanto all'infinito).
   Non ci sarebbe neanche bisogno di distinguere tra somme e moltiplicazioni, perché le moltiplicazioni non sono altro che una serie di somme, così come le divisioni sono una serie di sottrazioni. E le sottrazioni sono delle somme con utilizzo di numeri di segno negativo. In ultima analisi l’unica vera operazione matematica è la somma.
Sarà, però tutto ciò che c’entra con Flisa?
   Nulla.
   O forse tutto.







   Il protagonista del romanzo si chiama Eddy. Nel Capitolo Zero è solo un nome, al quale sono associati vaghi pensieri, frammenti di ricordi di una precedente vita, di un dramma, o meglio di più drammi sovrapposti che nel loro continuo accumularsi hanno portato a un crash della fragile mente di Eddy.
   Squarci di questi drammi, di questi episodi, riaffiorano alla mente incerta di Eddy nel suo lungo, quasi interminabile risveglio, che però è ansiosamente seguito anche da altri personaggi, ancor più evanescenti, ombre, anime perse. L’unica cosa certa, se così si può definire, è il fatto che le due dimensioni, quella in cui giace Eddy e quella in cui si agitano le altre due ombre, sono dimensioni distinte. Distinte, diverse, analoghe ma opposte. Sicuramente infinite.
   E finalmente avviene la Resurrezione di Eddy. Lunga e difficile, come un parto. Eddy ha lasciato la sua dimensione alternativa, tiepida, acquosa, accogliente, materna, ed è tornato sulla Terra, per una Seconda Occasione. Ma chi è ora Eddy?
   Allo specchio è ormai un signore anziano, stanco. L’energia è lenta a riaffiorare.








   Però il romanzo è anche un racconto corale, un turbinio di occhi, di voci, di volti, di paure, di ossessioni, di ansie. Scandinavia e Romagna, e lidi a sud della città di Livorno, luoghi che apparentemente poco hanno in comune.
   Apparentemente.
   Un filo, o più fili invisibili, però, li lega, e i fili si aggrovigliano in un susseguirsi di accadimenti e di emozioni, di paure sussurrate e scene spaventose. La motivazione alla base di questi a volte quasi banali omicidi, a volte orripilanti stragi, pian pianino sembra emergere come follia vindice, come cupa rabbia interna che esplode all’improvviso, per fatti avvenuti in tempi molto lontani e anche vicini.
   In tale rimescolarsi di tempo e sogno, di spazio e incubi, di rancori vindici e Conversione, di Relatività e Assoluto, Flisa è il centro, il punto inconsapevole, sicuramente incolpevole, dell’intreccio casuale di queste vite, apparenti o reali, di queste ansie, di queste angosce, infine, di una Redenzione, quella di Eddy, che da persona che durante un tragico tramonto aveva negato la propria esistenza, torna alla luce dell’alba.
   Al sapore infinitamente dolce dell’alba.









ALTRI SITI RIGUARDANTI LA CITTADINA DI FLISA

Avevo forse cinque anni quando mi regalarono il primo libro (adesso si regalano libri per l’infanzia che vengono appena guardati dai bambini e poi dimenticati). Da tempo facevo un gioco con mia madre: osservavo una figurina di un fumetto (di solito Paperino) e poi cercavo di indovinare che cosa dicessero i personaggi dentro alla nuvoletta che conteneva le loro parole. Mia madre poi leggeva il testo del fumetto e così (con la mente lucida dei cinque anni, che è una specie di spugna pronta ad assorbire qualsiasi cosa) imparai a leggere lo stampatello. Moltissime persone ho sentito dire che facciano così.
Mi appassionavano le storie. Qualunque racconto, disegnato, raccontato a voce da mia nonna, infine scritto in un libro, attraeva immediatamente la mia attenzione.
Quando mi regalarono il primo libro, che, in Toscana, non poteva che essere Pinocchio, di Collodi, ero attratto soprattutto dalle figure. Ce n’erano di veramente spaventose, dal ritratto del burattinaio a Pinocchio con le orecchie da asino e altre ancora.
Un po’ tentando di leggerlo da solo, un po’ facendomelo leggere e rileggere all’infinito da genitori, nonni e cugine, alla fine riuscii ad essere in grado di leggermelo da solo.
Da molti decenni va di modo il libro di genere (il giallo, il noir, lo spionistico eccetera). Beh, Pinocchio riassumeva tutti i generi possibili. C’erano ladri e poliziotti, misteri risolti e irrisolti, mostri e fatine buone (che talvolta erano, nella loro severità e nelle punizioni, più spietate dei cattivi).
Se ascoltate un pezzo della Beyoncé e poi andate a leggere (magari su Wikipedia) i commenti critici e le etichettature, scoprirete che ne affibbiano molte, al genere della Beyoncé (come a tutti gli altri artisti della musica leggera contemporanea). Forse è questa che viene indicata da taluni come contaminazione?
Comunque il genere musicale in questione è l’insieme di molti generi precedenti. Per esempio, nel video del concerto “I am” si nota nelle prime scene una chitarrista che esegue un pezzo alla chitarra elettrica degno dei virtuosismi degli anni Sessanta. E poi sempre in quel concerto non è poi molto difficile riconoscere imparentamenti col Rhythm and Blues, con il soul, con il gospel e più in generale con Rap, Funk e Pop.
Morale della favola, possiamo anche definire un romanzo Noir, tanto per dargli una definizione di comodo, ma non è irriguardoso verso il Noir contaminarlo con molti altri generi narrativi (Gotico, Fantastico, On the Road eccetera).

ALTRI SITI RIGUARDANTI LA CITTADINA DI FLISA
Sito Flisa.no (in Norvegese)
Flisa in Wikipedia (in Inglese)
Mappa di Flisa con Meteo Webcam



 
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